Gravidanza: la cura del tempo dell’attesa

22
Gen

Un’attesa abitata che è tempo necessario alla vita,

Test di gravidanza in mano.

I due minuti previsti dal foglietto illustrativo sono trascorsi. Il disegno è un po’ sbiadito, ma il risultato è chiaro e inequivocabile: due lineette, il risultato è positivo.

In un lampo mi investono mille emozioni contrastanti: gioia, paura, felicità, impazienza, ansia e ancora gioia assoluta. Da adesso in poi cambia completamente il senso della parola tempo, che diventa Attesa. Un tempo necessario, non solo per lo sviluppo e la crescita della vita dentro di me, ma per un passaggio emotivo importante che rende possibile il cambiamento più grande, quello di diventare mese dopo mese mamma.

Il corpo si trasforma, la pancia cresce di settimana in settimana, ogni senso è amplificato, tra profumi troppo forti, gusti che fino al giorno prima mi piacevano e voglia di andare a letto alle sette di sera. Tante cose sembrano sfuggire al mio controllo e non riesco più nemmeno a controllare le emozioni, persino un cartone animato o la scena comica di un film mi fanno piangere a dirotto.

Sì, perché questo è un tempo dilatato di cui non siamo padrone, non possiamo in alcun modo accelerarlo o rallentarlo come fosse una vecchia pellicola del mangianastri, perché è un tempo che non ci appartiene. Qualcuno si sta formando e sta crescendo grazie e per mezzo di noi, ma allo stesso tempo è qualcuno di completamente altro da ciò che siamo e quando sarà terminata l’attesa si separerà dal nostro corpo e dovremo semplicemente (si fa per dire) accompagnarlo per mano a fare la propria strada, sui suoi passi.

Ma la gravidanza non è attesa passiva. È un’attesa abitata, dall’attenzione, dalla prudenza, dal desiderio. È ciò che ci insegna con fatica il valore di una scelta e credo che la vera sfida sia imparare ad abitare anche i silenzi che questo tempo ci offre. Le lunghe attese al telefono per prenotare una visita, la paura, i giorni prima dell’ecografia che ci svelerà se il bambino sta crescendo e se è sano, gli interminabili secondi davanti allo stetoscopio del medico che controlla se il suo cuore batte e anche semplicemente i momenti di noia, di incertezza, di dubbio.

Così questo tempo diventa l’occasione non solo di immaginare a occhi aperti il futuro, ma di ripercorrere il nostro passato, soprattutto quello dell’infanzia, di come è stata, con i ricordi belli ma anche quelli meno piacevoli, cercando di tessere, come una moderna Penelope, una rete di pensieri per proteggere la vita che custodiamo, consapevoli che questa trama verrà sciolta e ricamata nuovamente giorno dopo giorno, dagli avvenimenti, dalle scelte e dai nostri sentimenti.

Se dovessi tradurre questi pensieri in qualcosa di più concreto e tangibile, il tutto prenderebbe la forma di un borsone, quello della valigia pre-parto. Non ho mai impiegato così tanta cura nel prepararne una, nemmeno per il viaggio più ambito e desiderato dall’altra parte del mondo. Ogni tutina lavata, stirata e piegata con attenzione immaginandola addosso alla bambina, pensando a come le starà, alla sensazione che proverà sentendo qualcosa di morbido sulla sua pelle. In ogni sacchetto per il cambio giornaliero ricordarsi di mettere un bavaglino e quei micro calzini per tenerle al caldo i piedini. La coperta di lana fatta a maglia perché sia circondata sin dal primo giorno da qualcosa che le ha fatto la sua mamma, come un abbraccio che non vuole lasciarla. Ma di tutto questo la cosa più emozionante è stato scrivere il suo nome su ciascun sacchetto. Chiamarla per nome e cognome l’ha fatta sentire più che mai reale, più ancora dei calcetti che ama dare, soprattutto dopo aver assaggiato qualcosa di dolce. So già che amerà il cioccolato!

Ciò che ha caratterizzato questo tempo sono stati soprattutto la tenerezza e il pensiero verso qualcun altro, che a pensarci bene è ciò che caratterizza ogni persona innamorata. Perché ciascuno di noi aspetta sempre qualcosa o Qualcuno, fa parte della nostra natura umana. Ed è questo guardare all’altro che ci permette di andare oltre noi stessi e aprirci alla vita, a ciò che è nuovo e inaspettato, che con un gioco di parole potremmo anche definire in-atteso.

I miei pensieri sparsi e confusi li descrive in modo limpido e straordinariamente semplice lo psicanalista Alberto Pellai in una poesia (da Attendere. Il percorso emotivo della gravidanza, Edizioni Erickson), che lascio a voi che leggete come un bel modo per concludere questa riflessione.

 

Nascere

 

Ora sei qui.

Aria e terra, acqua e fuoco.

Respiro, sangue, carne.
Tenerti tra le mani è il miracolo della vita.

Sei di una piccolezza infinita.
Sembri niente e sei tutto. Ti guardo e tremo.
Rido e piango.
Sono lacrime di amore e fatica, le mie.

Rivivo i nostri nove mesi.
Nove mesi ad aspettarci.
Un’attesa dove tu nascevi figlio.

E mi generavi madre.
Ti ho fatto nuotare in una bolla di amore.
Ti ho nutrito con le parole del cuore.
E con la mia carne.
Ora tu sei me e io sono te.
Io e te diventiamo eterni.
Nel tuo presente c’è tutto il mio passato.
Ti guardo e per me diventi
riverbero di una luce infinita.
Luce della vita

Laura Ferraro

raccontata da una giovane che sta per diventare mamma

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