Testimoniando il coraggio di vivere

12
Giu

L’esempio di alcune sorelle bibliche ci mostra un’altra forma del coraggio: quello che affronta e rigenera la vita

Le donne sono tradizionalmente e stereotipicamente considerate quelle che si spaventano con più facilità (perché sarebbero più deboli) e che quindi hanno bisogno di essere protette e rincuorate. Tipica icona del coraggio invece sarebbe l’uomo che va a combattere, che affronta la morte per difendere la patria o le persone più deboli (donne, vecchi e bambini) che gli sono affidate. Dal contesto guerresco questi elementi si sono estesi anche a quello civile, ma il riferimento resta l’eroismo di chi sfida la morte per un bene superiore che un tempo veniva individuato nella patria, oggi, più concretamente, nel bene comune o nella comunità umana. Ora forse potremmo provare a chiederci se questo coraggio sia solo maschile e, soprattutto, se questo sprezzo del pericolo di fronte alla morte sia tutto il coraggio che l’esperienza umana conosce. Anche le donne infatti hanno affrontato pericoli immani dando prova di eroismo per salvare altri (non è quindi questa una prerogativa maschile), ma soprattutto i vissuti delle donne testimoniano principalmente un’altra forma del coraggio, quella fondamentale sulla base della quale possiamo riconoscere anche le punte eroiche: non il coraggio di affrontare la morte, ma piuttosto quello di affrontare la vita. Questo è il coraggio che serve continuamente, che non dura un attimo e che sa portare e attendere anche quando le spinte dell’aggressività o dell’entusiasmo finiscono e persino quando le forze e le motivazioni vengono meno. Non è un coraggio che hanno solo le donne ovviamente, ma nelle loro vite – escluse a lungo dai discorsi retorici dell’esaltazione eroica – si può rintracciare con più facilità. E forse il popolo che invoca coraggio e speranza (per tornare al tema che stiamo esaminando lungo tutti i numeri dell’anno) non chiede tanto la temerarietà di sfidare la morte, quanto piuttosto il coraggio di vivere e per questo ha bisogno di sorelle capaci di testimoniarlo e indicare sentieri lungo i quali esso sia reso possibile.

Riflettiamo allora sul coraggio che le sorelle possono testimoniare e offrire al popolo che lo invoca, attingendo a qualche pagina della Scrittura, permettendoci di rileggerla alla ricerca di questa testimonianza di vita, caparbiamente e coraggiosamente sfidata dentro le trame ovvie e sfavorevoli di ogni giorno, facendo trapelare luce, cucendo fili, curando spazi, anche là dove sembra che ogni possibilità sia preclusa. Ester e Giuditta sono due donne il cui profilo potrebbe essere assimilato a quello eroico, proprio delle descrizioni del coraggio che affronta la morte, perché entrambe rischiano la propria vita per andare incontro a un nemico – seppure diversamente delineato – in vista della salvezza del popolo. D’altra parte affrontano questo pericolo servendosi delle armi che il contesto sociale offre loro: sono donne, quindi non possono trattare alla pari né combattere né disporre di un esercito o di norme che le tutelino; devono portare a casa il risultato con gli unici strumenti (normalmente usati per opprimerle e marginalizzarle) che il sistema lascia a loro disposizione. Sia Giuditta che Ester infatti affrontano il nemico facendosi belle, anzi bellissime. Questa bellezza, scusa e causa di tante violenze e reclusioni, è tutto ciò che possiedono, e lo sfruttano una (Ester) per farsi dare la parola dal re e l’altra (Giuditta) per distrarre il nemico, incapace di vedere il pericolo e la forza di lei. Il coraggio femminile a volte dispone di pochi strumenti, ma non per questo si ferma. Le occasioni sono di meno, le opportunità più fragili, gli ostacoli più numerosi, ma proprio per questo le donne hanno imparato a lottare e a vivere sfruttando al meglio tutto quello che c’è, come le contadine del secolo scorso che riuscivano a dare nuova vita persino alla cenere. La nostra gente si trova spesso a lottare in condizioni improbe, come se il sentiero della vita si snodasse dentro un labirinto, per questo è così importante imparare a sfruttare ogni opportunità data per vivere e dare vita. Alle sorelle che non si lasciano scoraggiare da un sistema che le mortifica, ma si ingegnano piuttosto per sfruttarlo a proprio favore e superarlo, è affidato il compito di rincuorare il popolo intero, perché faccia lo stesso.

Questo coraggio, che accetta le condizioni (anche ingiuste) che non può cambiare senza per questo rassegnarsi, è caratterizzato dall’umiltà di saper riconoscere i propri limiti, senza lasciarsene fermare. Il coraggio non è dunque solo quello di chi valica i limiti della propria umanità in un momento di particolare necessità, ma è anche quello di chi fa i conti con i limiti fisici, psichici, spirituali, sociali, relazionali che inevitabilmente ci attanagliano e segnano le nostre vite. Questo coraggio conduce a continue rinascite e a dare anche ad altri continue possibilità di rinascita, impedendo al fallimento o alla colpa di chiudere la vita in un sepolcro. È il coraggio dell’imperfezione che le donne conoscono perché hanno a che fare con la concretezza della vita che mai è perfetta, come solo le astrazioni possono essere. E qui l’icona biblica che possiamo richiamare è quella di Eva, poco persuasa che rimanere nudi e ignari del bene e del male sia il meglio possibile, perché sembra una vita da bambini e lei bambina non è. Eva tenta di rispondere alla chiamata originaria, di diventare cioè somigliante a Dio come si afferma nel primo racconto della creazione: esce dall’infanzia per avventurarsi verso la propria vocazione. Si trova invischiata nella crescita, nell’emancipazione e al tempo stesso nell’errore, ma davanti a Dio che le parla non scarica le proprie responsabilità, non accusa, piuttosto con la schiena diritta ammette scelte e azioni. Da qui la storia riparte e per lei è una storia di vita: è detta madre di tutti i viventi. Nessuno di questi sarà perfetto, proprio come lei, ma ciascuno e ciascuna potrà rischiare il coraggio di vivere ciò che è, ricominciando là dove il limite fosse diventato, invece che la risorsa per incontrare e amare, un ostacolo.

Al popolo che invoca il coraggio occorrono sorelle come queste, capaci, come il vento, di entrare in ogni fessura perché mai si demorda dall’impresa di vivere.

Simona Segoloni

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