Pregare insieme per convertirsi insieme

25
Apr

L’esperienza della celebrazione penitenziale comunitaria

Il cammino sinodale invita oggi la Chiesa a rileggere le prassi pastorali dando voce al pensiero dei fedeli e alle loro istanze spirituali. Nell’imminenza del Natale 2023, a Cavazzale (VI) si è svolta una celebrazione penitenziale rivolta alle tre parrocchie dell’Unità pastorale; alcuni partecipanti, interpellati, ne hanno tratto interessanti considerazioni che riportiamo.

Da vari anni la liturgia penitenziale comunitaria viene celebrata nelle parrocchie, per orientare con degli spunti l’esame di coscienza e offrire la possibilità di confessarsi. Durante la pandemia – essendo vietate le confessioni – si è sperimentata una celebrazione con l’assoluzione comunitaria.

Avendo riscontrato grande partecipazione e il desiderio di accostarsi alla riconciliazione, il parroco don Giacomo Viali, sostenuto dal consiglio pastorale, l’ha riproposta quest’anno aggiungendo un gesto di assoluzione individuale a chi si presentava davanti al sacerdote. L’intento di realizzare un momento partecipato e intenso è riuscito, forse perché rispondeva al desiderio di incontrarsi e camminare insieme nella fede; questa modalità viene anche incontro alla poca disponibilità di tempo dei sacerdoti.

La celebrazione penitenziale aiuta a lasciarsi interrogare dalla Parola di Dio che invita a cambiare sguardo e orientamenti, a riconoscere le proprie fragilità e infedeltà, a intraprendere un cammino, superando una visione legalistica, limitata al rispetto delle norme. La liturgia penitenziale, inoltre, evidenzia la dimensione sociale del peccato suscitando maggior responsabilità nei confronti di fratelli e sorelle, e promuovendo cammini di crescita comunitaria.

Don Giacomo ha preparato la celebrazione, coinvolgendo nell’animazione alcuni lettori e il coro. La lettura di brani biblici sul perdono intervallati da brevi canoni cantati, riflessioni – in un linguaggio alla portata di tutti – e i momenti di silenzio aiutavano a interrogarsi sul male commesso e sul bene omesso verso Dio, verso il prossimo e verso se stessi. Infine due sacerdoti, vicino all’altare, accoglievano i singoli fedeli che con evidente devozione si mettevano in fila per ricevere personalmente un gesto di assoluzione. Chi desiderava confessarsi è stato invitato a farlo nei giorni seguenti.

Apprezzati e vissuti intensamente, nel silenzio e nel raccoglimento, sia il tempo personale per lasciarsi interpellare dalla Parola e riconoscere davanti a Dio le proprie mancanze, sia l’assoluzione tramite l’imposizione delle mani da parte del sacerdote.

Erano in parte presenti gli adolescenti e giovani che frequentano i gruppi parrocchiali e alcuni sono stati coinvolti nel servizio di accoglienza.

Colpisce il successo di questa iniziativa rispetto alla diffidenza dei fedeli verso la confessione individuale che spesso non è sentita come un’esigenza di rinnovarsi; la si vive con timore e giudizio, e per molti è rimasta un adempimento: si espone una lista dei “soliti” peccati. Pesano la poca convinzione di essere perdonati, la vergogna, la mancanza di umiltà. Accostarsi alla confessione richiede un’attenzione su noi stessi, sul nostro rapporto con Dio e con i fratelli; comporta il riconoscersi piccoli e fragili e la capacità di dire: “scusa, ho sbagliato”.

Molti ritengono di potersi confidare da soli con Dio chiedendo perdono senza affrontare il disagio emotivo di esprimere a un terzo, magari sconosciuto, le proprie mancanze: la figura umana del sacerdote (con i suoi limiti) a volte suscita diffidenza. Inoltre non sempre la breve relazione che si instaura con il sacerdote consente un percorso che aiuta a crescere nella fede. Fra ministro e ministro esistono diversi approcci alla trasgressione di una norma, alla ricerca di approfondimento con la Parola…

Vincere la vergogna di confessare al prete i peccati commessi è un percorso, come pure arrivare a comprendere che il perdono non è frutto dei nostri sforzi, ma un dono. Talvolta sembra che da parte dei sacerdoti ci sia un “avversione” nello svolgere questo sacramento e faticano a mettere a proprio agio chi si accosta.

La celebrazione “tradizionale” con le confessioni singole è appesantita da lunghe attese; la formula comunitaria snellisce la liturgia e soddisfa nei fedeli l’esigenza di meditare personalmente, ma fa venir meno la figura intermediaria tra noi e Dio.

Oggi il sacramento della penitenza è in crisi anche perché la cultura contemporanea ha attenuato (per non dire cancellato) il senso del peccato, del male che inevitabilmente commettiamo, e si sente meno la necessità di ricevere il perdono. La riconciliazione comunitaria può riavvicinare le persone alla dimensione penitenziale.

I fedeli amano pregare insieme – ispirati da parole e gesti significativi – in un clima di solennità semplice e intensa che testimonia un cammino di fede condiviso, come pure apprezzano il silenzio e la riflessione personale; al tempo stesso – spronati in passato a scegliere un confessore che potesse diventare un padre spirituale – sentono l’esigenza di dialogare con un sacerdote capace di accoglienza e ascolto, che li orienti nella conversione e manifesti la misericordia di Dio verso ciascuno.

Dalle considerazioni espresse, risulta evidente la maturità di fedeli che desiderano assumere responsabilmente in prima persona la vita di fede personale e comunitaria. Chiedono di partecipare pienamente alla preparazione delle celebrazioni e al loro svolgimento – ad esempio con brevi risonanze o invocazioni dall’assemblea – per formarsi ad animare la preghiera e contribuire a renderla coinvolgente per tutti. Coscienti che l’amore per Dio e i fratelli non cresce spontaneamente, sentono l’esigenza di essere aiutati a prepararsi adeguatamente alla confessione e di ricevere, insieme al perdono sacramentale, un sostegno e un orientamento al loro cammino spirituale.

Confidiamo che la Chiesa si metta in ascolto e prenda sul serio le legittime istanze dei credenti, anche a partire dalla cura della preghiera e della prassi sacramentale.

sr. Maria Coccia