Li Valdés: storia e canti di un popolo-chiesa

26
Set

“Per noi fare teatro significa costruire comunità attraverso la cultura e la proposta di una storia che parte dal basso”

Sembra di essere chiusi tra i monti, mentre si sale nel pinerolese del Piemonte in val Pellice, Chisone e Germanasca: le valli valdesi, vicine al confine francese, sono incorniciate da montagne affascinanti che si stringono sempre più attorno alle valli, quasi a difenderle. Non sono “solo un contenitore fisico di elementi naturali – afferma Franco Calvetti, già vice presidente del Centro culturale valdese – ma una mappa mentale” che si è invitati a scoprire incontrando un modo di vivere e un sistema di valori che nasce da una lunga tradizione di fede protestante. Fin dal XIV secolo si erano installati tra queste montagne i superstiti del movimento dei Poveri di Lione, originato da Pietro Valdo nella città transalpina attorno al 1170 allo scopo di diffondere la parola di Dio, vivendo la propria fede in Cristo nella povertà e nella preghiera.

Ma furono i primi anni del 1500 ad assistere alla svolta fondamentale che incise profondamente sul valdismo, legandolo agli altri movimenti della Riforma protestante del centro e nord Europa. Nel 1532 i valdesi aderirono al movimento della Riforma protestante con il sinodo di Chanforan, che si tenne ad Angrogna, un piccolissimo paese definito oggi “terra della libertà”. Ma a questa storica decisione fecero seguito persecuzioni, esodi, ritorni dei profughi, alleanze, tradimenti, battaglie, rimpatri, costruzione del ghetto… e poi la libertà di culto e il riconoscimento dei diritti civili con l’Atto di emancipazione firmato il 17 febbraio del 1848 dal sovrano Carlo Alberto di Savoia.

Una storia che continua, e che ha fatto incontrare in varie occasioni i valdesi (oggi in unione con le Chiese metodiste) con il Centro Studi Presenza Donna, a promuovere iniziative ecumeniche e interreligiose di preghiera sui temi delle migrazioni, della conoscenza reciproca tra cristiani, sugli aspetti di incontro e di differenziazione della dottrina e dell’interpretazione della Scrittura, in particolare in quel 2017 in cui sono stati ricordati i 500 anni della Riforma protestante.

Ed è stato proprio grazie a queste iniziative culturali che si è conosciuto il Gruppo Teatro Angrogna: nato in Val d’Angrogna, ha iniziato la sua attività nel 1972, aggregando una quindicina di persone attorno all’idea di “far parlare le pietre su cui camminiamo – ci dice Jean Louis Sappé, uno dei fondatori del gruppo –elaborando e riproponendo i dati dispersi della cultura, della storia e delle tradizioni di lotta della montagna valdese ed occitana. Quando abbiamo iniziato, nessuno avrebbe immaginato che raccontando le storie di casa propria si sarebbe andati così lontani: dall’Italia, alla Francia; dalla Danimarca, agli Stati Uniti; dall’America Latina al Sudafrica… Per noi – continua Sappé – fare teatro significa costruire comunità attraverso la cultura, la rappresentazione, la proposta di una storia che parte dal basso, dalle tradizioni popolari del mondo contadino da cui proveniamo ma anche dallo studio e dalla ricerca di gruppo, ciascuno con la propria competenza e creatività. I nostri piccoli paesi delle valli valdesi hanno sempre un tempio, una chiesa per il culto domenicale, la preghiera e la santa cena, con annessi una biblioteca e una scuola: l’esigenza di poter leggere la parola di Dio sia individualmente che insieme ha portato le nostre comunità a promuovere fin dai primi tempi della loro costituzione l’alfabetizzazione, la lettura, l’incontro, la discussione e il confronto”.

Elementi che caratterizzano il paesaggio delle valli valdesi e il paesaggio umano di questo popolo chiesa, che attinge idee, valori, fiducia nella vita dallo studio della parola di Dio, dalla preghiera, dalle azioni di giustizia e libertà. Anche attraverso il teatro, che si caratterizza come teatro sociale, di interazione sociale, che costruisce i testi delle rappresentazioni, degli spettacoli, con un lavoro certosino di condivisione di idee, di elaborazione comune, di creatività di gruppo.

“Come è possibile che un gruppo di non professionisti, lontani dalle grandi centrali teatrali e culturali, abbia potuto, in un paesino di montagna con meno di mille abitanti, non solo crescere, ma coinvolgere nella propria ricerca migliaia di persone?” – si chiede il pastore valdese Giuseppe Platone nella presentazione di un libro sulla storia del GTA – “A mio parere, molto è dipeso dalla capacità di lavorare insieme. Non è cosa facile per nessun gruppo. Il GTA non ha mai delegato ad altri la stesura delle proprie rappresentazioni. Per questo i tempi di maturazione del GTA sono sempre stati lunghi. La democrazia stessa ha tempi lunghi. Infine, il terzo fattore. E poi, l’ insopprimibile bisogno di critica. Una necessità di «masticare» il mondo a partire da Angrogna, accompagnata da una riserva fondamentale verso ogni umana realizzazione. […] Questa umanità votata all’autodistruzione dal proprio egoismo, può e deve essere educata – anche attraverso un processo doloroso di continuo fare e rifare – alla convivenza, alla solidarietà, alla pace. Non solo educata a guardare con occhio critico alla realtà presente, ma invitata a operare insieme, pur nella diversità delle opinioni, in vista di una trasformazione della realtà. Una trasformazione che deve essere attuata vivendo la fatica di incontrare ogni giorno gli uomini e le donne di una «società smarrita», ai quali dire, anche attraverso il teatro, che non si può costruire una società migliore senza di loro”.

Il teatro sociale, impegnato, che nasce ad Angrogna e che è possibile incontrare nelle tourné che girano l’Italia, è uno stimolo all’impegno, al lasciarsi coinvolgere, al passare su questa terra e nella vita che ci è data, lasciando un segno positivo.

sr. Federica Cacciavillani

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