Le domande di Gesù

10
Ott

Tre domande dal Vangelo di Giovanni che interpellano la vita e la fede

La particolarità del Vangelo di Giovanni nasce anche da quegli aspetti che lo distinguono dai  sinottici. Giovanni, ad esempio, non inserisce nessuna parabola mentre sono presenti ben

48  domande che Gesù pone alle persone che incontra. Questo offre vari spunti di riflessione su cosa Giovanni intenda sottolineare, dell’approccio e del modo di insegnare che Gesù metteva in atto nelle diverse relazioni che hanno caratterizzato gli anni della sua predicazione. Noi spesso agiamo in modo diametralmente opposto: soprattutto nell’annuncio agli altri siamo più portati a offrire risposte; anche nella relazione con Dio, secoli di “dottrine” ci hanno sottolineato l’importanza di “porre domande a Dio” per poi mettersi in ascolto delle sue risposte, abituati a pensare che la fede stessa sia una risposta.

Dovremmo invece capovolgere questo atteggiamento e recuperare il radicale movimento della fede che sempre si pone, nella vita degli uomini e delle donne, come una domanda. La domanda è sempre sollecitazione alla libertà dell’altro, riconosce il proprio interlocutore come degno di stima e rispetto; non passa sopra all’altro, ma potremmo dire che lo attraversa riconoscendo la sua diversità e riconoscendo che l’altro, chiunque esso sia, deve liberamente prendere posizione rispetto alle domande. E più le domande sono significative per la vita, più dobbiamo accettare che possano anche non esserci risposte immediate: serve tempo perché una domanda scavi dentro fino a far emergere quelle risposte che si traducono, alimentandole, nella vita di ciascuno.

Tra tutte le domande presenti nel Vangelo di Giovanni, tre molto simili tra loro sembrano quasi racchiudere l’intero racconto.

La prima è in Giovanni 1,38: sono le prime parole che Gesù pronuncia in questo Vangelo. Due discepoli del Battista, su sua indicazione, lo lasciano e si mettono a seguire Gesù che chiede loro: “Che cosa cercate?”. Gesù vuole che i due discepoli guardino dentro il loro cuore, che si chiedano davvero cosa sperano di ottenere da quella sequela, qual è il desiderio che anima la loro vita. È proprio la domanda che abita anche in noi e che, riconosciuta, determina la nostra vita e la nostra convivenza. Andrea, il primo discepolo, e l’altro di cui non viene fatto il nome, non sono in grado di rispondere e chiedono a Gesù – come era usanza a quel tempo, visto che spesso i discepoli vivevano con il loro maestro – dove egli abitasse. A una domanda rispondono con un’altra domanda e così entrano in quel dialogo/movimento che diventerà la loro vita futura. “Venite e vedrete”: mettetevi in cammino per conoscere colui che volete seguire, per riuscire a ri-conoscere voi stessi e soprattutto il desiderio che vi fa muovere. “Cosa cercate?” è la domanda che Gesù continua a porre a ciascuno di noi, invitandoci a cercare la risposta, quella che davvero può soddisfare la nostra sete più profonda.

Se questa è la prima domanda di Gesù, anche le ultime, a chiudere il Vangelo, sono molto simili. L’esperienza terrena di Gesù sta per concludersi: dopo la narrazione della lavanda dei piedi e del lungo discorso ai suoi, Gesù esce da Gerusalemme, al di là del torrente Cedron, dove c’era un giardino in cui si era già recato con i suoi discepoli e che, proprio per questo, era conosciuto anche da Giuda. Mentre Matteo e Marco parlano di un podere, il Getsemani, e Luca di un monte, il Monte degli ulivi, Giovanni lo identifica come un giardino. Tutto quello che riguarda la rivelazione finale, per Giovanni avviene in un giardino. Qui continua la lotta tra luce e tenebre, altro tema fondante che percorre tutto il suo Vangelo.

Nell’immagine di questo giardino la ricerca di Gesù è al culmine dell’ostilità e del rifiuto. La domanda che egli ripete due volte ai soldati – “Chi cercate?” – provoca a prendere posizione nei confronti della sua identità. Le guardie cercano Gesù il Nazareno, un uomo qualunque, non certo importante, l’ennesimo ebreo da imprigionare, anche se quell’indietreggiare e cadere a terra già evidenzia il dover fare i conti con qualcosa di diverso. Per ben tre volte viene ripetuta l’affermazione di Gesù “Sono io”, un “io sono” che assume un chiaro significato di rivelazione, ricordando l’esperienza di Mosè (Es 3,14) e indicando la presenza salvifica di Dio che salva il suo popolo. Questa realtà viene affermata anche dalla richiesta di Gesù di lasciare andare i suoi discepoli: nel racconto di Giovanni i discepoli infatti non fuggono, ma è Gesù che li salva, quasi a sottolineare la consapevole consegna di sé per la salvezza degli altri.

La rivelazione piena avviene però in un altro giardino, quello della sepoltura che diventa giardino di una vita nuova. Tra la domanda ai discepoli: “cosa cercate?” e quella a Maria Maddalena: “chi cerchi?” si sviluppa il Vangelo di Giovanni, modulato sulla ricerca di chi sia davvero Gesù.

Maria Maddalena troverà il coraggio di stare vicino alla tomba vuota come era stata ai piedi della croce, incapace di capire il segno dell’assenza e di accettare che tutto potesse finire così. Maria non smette di cercare, anche se inizialmente si tratta del corpo di Gesù, del passato; è disposta a voltarsi più volte, in questo movimento interiore che rende finalmente il suo sguardo capace di vedere il Vivente, di credere che si è chiamati per nome e inviati a raccontare che la vita non muore.

Gesù con le sue domande ci spinge a leggere i nostri desideri e la nostra vita; ci esorta a metterci in cammino e ad incontrare altri. Così, tutti coloro che ci chiedono qualcosa o che ci interrogano con la loro vita, con la loro povertà o difficoltà, diventano memoria vivente di ciò che Gesù stesso ci continua a chiedere, diventano segno e traccia di una fede che, continuamente, ci interpella.

Donatella Mottin

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