Correre! Tra libertà, tempi stretti e orizzonti

15
Lug

Una “corsa” tra le svariate connotazioni che attribuiamo a questo verbo nella vita di ogni giorno

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò” (Luca 15,20). Commentando il racconto di Gesù sul figlio andatosene di casa e sul padre che lo riaccoglie con gioia, capita di sottolineare la significatività di questa corsa. La compassione smuove il cuore e i piedi mettono le ali. Nella cultura del tempo, tuttavia, non era per niente dignitoso che un uomo adulto, con un ruolo di comando, si mettesse a correre. Ne andava del suo prestigio familiare e sociale. Nell’incedere ci vuole la gravitas, dicevano gli antichi: la compostezza e il controllo dovuti, soprattutto per chi ha autorità. Al diavolo tutto ciò, pensa chi non può fare a meno di correre per adeguare il ritmo dei piedi al ritmo interiore.

 

Correre in libertà

Anche in quel tempo, in ogni caso, i bambini potevano correre spensierati, senza paura di venire ripresi per un comportamento indecoroso. Come possono farlo gli amanti, che si corrono incontro nel vortice del trasporto amoroso, e così le madri alle prese con i figli per rincorrerli, per non dire di chi canta o danza, declama poesie o narra storie a piccoli e grandi. Non ci si meraviglia che si metta a correre chi è un po’ pazzo, ed è per questo leggero non solo di testa, ma anche di piede. Viene da correre quando si ha di fronte un ampio prato e nasce la voglia addirittura di ruzzolare; quando si insegue una farfalla colorata e la corsa si trasforma in saltello buffo; quando il vento libera il cielo dalle nuvole fosche e ti sospinge da dietro, quasi sollevandoti a dispetto della forza di gravità. Corri se hai l’appuntamento con l’amico, se il cane ti ha fatto uscire dall’appartamento e ti porta lui a spasso, se gli anni non sono quelli dell’anagrafe ma del desiderio acceso dentro. Correre, in altre parole, come esperienza di libertà; anzi, di liberazione. Una pratica non solo da consigliare ma da prescrivere, soprattutto nelle situazioni in cui si sono bloccate non le articolazioni ma la mente e il cuore. Fai il bambino, corri! Sii un po’ pazzo, corri! Allenta le difese, corri! Purtroppo anche la corsa, nel contesto attuale, è divenuta competizione ed esibizione. I runners sembrano gli adepti di una nuova religione, con i propri riti, le vesti appropriate, i tempi stabiliti da dedicare alla salute divenuta sinonimo di salvezza. Correre non per arrivare primi, per mostrare la prestanza dei corpi, per essere alla moda. Correre piuttosto per esigenza di libertà, per gusto di novità, per bisogno di spensieratezza; contro ogni staticità e rigidezza, che inchiodano movimenti e soprattutto pensieri.

 

Di corsa

C’è qualcosa di bello? Ci andiamo di corsa! Le esperienze davvero significative non tollerano tentennamenti, ci si decide e si corre. C’è chi corre a vedere l’ultimo film uscito, di cui tutti parlano, e chi corre a prendersi il posto dinanzi al grande magazzino con i saldi di fine stagione. Ma c’è pure chi corre verso luoghi densi di spiritualità, proposte intelligenti, persone che hanno carisma. Veniamo purtroppo attratti da realtà effimere e tuttavia non si cessa di correre anche verso quanto è bello, buono, vero (come afferma la filosofia classica).  La corsa, in questo caso, è rivelatrice. Vai dove ti porta il cuore, come diceva Gesù di Nazareth ben prima della Tamaro. Se i piedi si mettono a correre è infatti perché in precedenza sono accelerati i battiti del cuore, per una voglia, un desiderio, una speranza: gradazioni diverse, che mettono in movimento ad intensità crescente e con durata differente. Se corriamo mossi da una voglia, la corsa dura lo spazio della soddisfazione cercata ed eventualmente trovata. Se si corre indotti dal desiderio, si innesca un dinamismo in continua crescita. La voglia si soddisfa, il desiderio si coltiva. Se poi a suscitare la corsa è una speranza, riusciamo a correre sentendo meno la fatica e tenendo duro nei momenti di crisi. Quando andiamo di corsa, pertanto, significa che in un modo o nell’altro siamo stati toccati dentro, non rimaniamo indifferenti. Correre allora come antidoto alla globalizzazione dell’indifferenza (provoca-zione di papa Francesco)? In un certo senso sì, dal momento che le acque che corrono non sono stagnanti, rinfrescano e rivitalizzano, non fanno imputridire.

 

Non ho tempo

C’è peraltro un altro significato all’essere di corsa, che tutti sperimentiamo, soprattutto in questa nostra epoca di grande accelerazione. Sono di corsa, vado di corsa, passo di corsa. Non ho tempo di fermarmi, di guardarti in volto, di dialogare con te. Non ho tempo nemmeno per guardami dentro, per sostare a mente libera, per godermi uno spazio di gratuità. La tirannia delle cose da fare, dei ritmi da mantenere, dei risultati da raggiungere. Si corre per tenere insieme tutto, dal momento che è difficile fare delle scelte: questo sì e questo no, questo è importante e questo non lo è. Dovremmo operare un discernimento, ma appunto chi ha tempo di farlo? Siamo sempre di corsa! Il gatto si morde la coda. Non sappiamo scegliere e quindi corriamo; corriamo, perché non vogliamo scegliere. Forse è giunto il momento, e di corsa, di lasciar correre qualcosa. Non è sano inseguire tutto, nemmeno è possibile tenere tutto sotto controllo. Se ci mettiamo a correre, facciamolo per esigenza di libertà, per passione amorosa, per desiderio profondo. Non facciamolo per stress, per concitazione, per competizione. Già la vita è una corsa ad ostacoli, non occorre trasformarla in una gara di Formula uno, dove magari far fuori gli avversari per giungere alla vittoria. Arrivisti e carrieristi ce ne sono abbastanza e non abbiamo bisogno di ulteriori scontri, macerie e… morti, causati dagli sbandamenti di chi corre e basta, avendo perduto i riferimenti primi: da dove veniamo e dove andiamo? Un’altra frase della saggezza antica afferma: festina lente, affrettati lentamente! Un paradosso, che ci aiuta a comprendere cosa sia un correre significativo per la nostra vita, espressione dell’eccedenza del cuore. Il verbo appena citato lo si trova nella versione latina del Vangelo di Luca, dove sono festinanti sia Maria, che corre dalla cugina Elisabetta, sia i pastori che si affrettano verso Betlemme. Lo fanno però lentamente, potremmo dire, cioè nell’accoglienza dentro se stessi dell’annuncio ricevuto. Del resto tutti sperimentiamo la differenza di chi ti corre incontro affannato e quasi ti scarica addosso il suo stress e di chi invece corre verso di te nella trasparenza di un desiderio meditato e custodito. Per arrivare a correre in verità, è necessario darsi il tempo che la corsa sgorghi dal profondo.

 

Ma dove corri?

I differenti tipi di corsa, che l’umanità ha sempre sperimentato e che noi oggi viviamo con particolare intensità, fanno emergere la domanda posta a ciascuno. Il “dove” del nostro correre è insieme il grembo e la meta della corsa. Dove ti collochi, nel tuo correre, e quale orizzonte ha la tua corsa? Si tratta di verificare le istanze che ci urgono dentro e insieme ciò che ci attrae verso quanto vorremmo raggiungere. Probabilmente non è possibile smettere di correre, per affrontare la domanda, anche se tutti vorremo ad un certo punto gridare: “fermate il mondo, voglio scendere!”. Ma è doveroso accompagnare la corsa con la sapienza del cuore, in modo che corriamo non per dannarci sempre più, ma per andare incontro a ciò che libera e salva.

don Dario Vivian

Leave a Comment