Al Festival biblico con Presenza Donna
La proposta di Presenza donna per il Festival biblico di quest’anno è un approfondimento sul tema La donna vestita di sole e le altre dell’Apocalisse, sviluppato nel dialogo tra la biblista Silvia Zanconato e la giornalista Gabriella Caramore (e i presenti). Tante e varie sono state, infatti, le reazioni tra chi ha partecipato, perché particolare è stata la lettura offerta dalla biblista. Ne riportiamo qualche passaggio. La “donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle” (Ap 12,1) è una delle immagini più conosciute dai credenti. Nelle feste cattoliche ritorna spesso e fin dall’antichità (IV sec.), grazie a molti elementi presenti nel testo, viene identificata con Maria la madre di Gesù, con il popolo di Israele, oppure con la chiesa stessa.
La grande attenzione rivolta al tentativo di identificare storicamente e simbolicamente la donna di Ap 12, non deve però lasciare in secondo piano il personaggio all’interno del racconto e delle sue dinamiche narrative. È questo l’approccio di Silvia Zanconato, supportato da una lettura di genere.
Apocalisse presenta in totale quattro donne, con cui l’autore polarizza gli schieramenti in conflitto: due, Gezabele e Babilonia, sono rappresentanti di chi va in contrasto con l’Agnello, il Signore risorto, mentre le altre due, la donna vestita di sole e Gerusalemme, rimangono fedeli all’Agnello. L’unica a non avere nome, ma ad essere descritta al pari di un’antica divinità, anche con tratti mitologici, è proprio la donna vestita di sole. Può governare i segni del cosmo, tuttavia non può contrastare il drago, pronto a divorare il suo figlio nascente. Non parla questa donna, ma grida di dolore e di lei ci viene detto che partorisce un figlio maschio, subito rapito in cielo. Sembra non esserci posto per le parole delle donne in questo libro, ma solo per i loro pensieri, che comunque appaiono sospetti (Ap 18,7). Assolta la funzione del parto, la donna vestita di sole deve abbandonare il conflitto cosmico e fuggire nel deserto. Qui però non può provvedere a se stessa: sarà Dio a prendersi cura di lei.
La figura che le si oppone è Gezabele (Ap 2,20-23), nome importante nell’Antico Testamento, perché è l’antagonista di Elia, l’antieroina, che viene uccisa e dilaniata in modo barbaro. Gezabele è la seduttrice per eccellenza: con le sue capacità oratorie, senza grandi segni, riesce a convincere tanti fedeli ad allontanarsi dal Signore. È una donna potente, di grande autorità, una “profetessa” (Ap 2,20) con un numeroso seguito. L’autore scatena su di lei una vendetta incredibile: verranno uccisi i suoi figli. Per cui, ci aiuta a riflettere Silvia Zanconato, da una parte Apocalisse presenta la donna vestita di sole che appare bellissima, regina ma senza potere, che dà alla luce un figlio e poi fugge nel deserto. Dall’altra c’è Gezabele, donna potente, autonoma, autorevole. La prima viene idealizzata e diventa simbolo di obbedienza e devozione, l’altra viene distrutta.
Ad essere annientata in malo modo è anche Babilonia, l’altra donna che personifica il male (Ap 16,19-18,24). Babilonia è la “madre di tutte le prostitute” (Ap 17,5). È descritta come una donna ricca che veste lussuosamente e con colori sgargianti. Governa sulle nazioni, festeggia e pasteggia ed è libera nelle/dalle relazioni. Di lei non rimane niente: denudata, ne saranno mangiate le carni e poi sarà bruciata (Ap 17,16). Ancora una volta la donna ricca, autonoma, che esce dagli schemi viene annientata.
Ci viene fatto notare che il linguaggio di Apocalisse è molto duro, carico di vendetta, esercitata in modo particolare sui simboli che catalizzano il male. Se letto acriticamente potrebbe autorizzare all’annientamento di chi viene associato al male. Anche la speranza contenuta in Apocalisse “e vidi un nuovo cielo e una nuova terra” (Ap 21,1) – tema del festival di quest’anno – deve passare il vaglio di un linguaggio che tende a veicolare il dualismo per cui il male sta tutto da una parte e il bene tutto dall’altra. Apocalisse è senz’altro un testo “sovversivo” che annuncia il ribaltamento di sistemi violenti, di potere violenti e oppressivi. Leggere il libro con uno sguardo attento al genere è forse lettura scomoda che però, mentre rivela alcuni nodi critici nella rappresentazione del femminile, permette anche di liberare la potenza di un libro che sostiene la speranza di tutti e tutte coloro che patiscono ingiustizia e lavorano per la costruzione di un mondo rinnovato.
sr. Elisa Panato