Sentinelle di speranza: occhi nuovi al Giubileo

05
Ott

Tra i tanti giovani pellegrini anche alcuni gruppi accompagnati a Roma dalle suore orsoline

Loro ci sono. Sono pronti e motivati, ma chiedono proposte alte, che li accompagnino nella sete profonda di vita che esprimono continuamente. Sono i giovani che hanno partecipato al Giubileo dei giovani dal 29 luglio al 3 agosto a Roma. Un milione e duecentomila convenuti da tutto il mondo la stima degli organizzatori, 70mila gli italiani. Giovani ordinari – pieni di vita, scanzonati, leggeri, cuffiette nelle orecchie, qualche tatuaggio nel corpo e tanta speranza nel cuore – ma anche pieni di fede. Una buona parte era costituita – lo si vedeva a colpo d’occhio a Tor Vergata in particolare – da veterani delle Giornate Mondiali della Gioventù (GMG), ma un’altra buona parte era di 18/19enni, spesso figli di chi ha vissuto il grande Giubileo del 2000 coincidente con la GMG a Roma. Come orsoline erano presenti sr Michela con i giovani della diocesi Sabina-Poggio Mirteto, sr Rosaria e Diolinda con un gruppetto di Crotone e sr Naike Monique con i ragazzi di Vicenza. Le indimenticate immagini di Giovanni Paolo II che muove le braccia a ritmo e le parole loro consegnate sono risuonate più e più volte anche 25 anni dopo tra le strade di Roma. Le aspettative degli organizzatori lasciavano intuire qualche timore: i numeri dei partecipanti non più così alti come qualche anno fa, la percezione che il Giubileo non avesse la stessa presa sui giovani quanto le GMG, il meteo (mai da dimenticare sia nel caldo torrido che nell’eventuale pioggia), l’organizzazione dei trasporti in una metropoli che pareva impreparata ad accogliere i festosi pellegrini… Eppure ogni timore si è dissolto. Forse, più che i giovani, erano gli adulti a non essere pronti, tanto da dover inforcare un nuovo paio d’occhiali. Sin dalla Messa di benvenuto in piazza san Pietro di martedì 29 luglio i giovani di tutto il mondo hanno fatto intendere la loro profondità, oltre che la voglia di tessere alleanze autentiche, tra loro e con gli adulti. Quando al termine della celebrazione è arrivato a sorpresa papa Leone, la piazza è esplosa di gioia perché, se è vero che questi giovani si erano iscritti per incontrare un papa fortemente empatico come Francesco, è anche vero che subito hanno dichiarato la voglia di incontrarne il successore, pronti ad affrontare la novità che lui porterà così da dire a tutta la Chiesa che il cambiamento non deve intimorire, anzi. E la prima inattesa novità, smentendo tutte le visioni che li vogliono superficiali e irresponsabili, l’hanno dimostrata loro passando dalla festa alla preghiera in cinque minuti perché “siamo venuti a Roma per fare un’esperienza forte di Dio e di Chiesa”, ripetevano quasi in coro fin dalle settimane precedenti il Giubileo. Il passaggio della Porta Santa, che per i vicentini è stato a San Paolo fuori le Mura, ma anche la professione di fede degli italiani preceduta dalla festa degli italiani, le confessioni al Circo Massimo, i colloqui “appena c’è tempo e troviamo un posto tranquillo” in un alternarsi continuo di riflessioni e domande, preghiera e festa, quasi a ricordare che nella vita tutto – anche gli opposti – va tenuto insieme in un equilibrio dinamico mai definito. E poi i tempi liberi che invece di diventare possibilità aggregative attorno ad una birra si sono fatti luoghi dove esprimere la gratitudine per un papa – Francesco – che li ha realmente messi al centro della vita insieme alle loro domande. File per ore sotto il sole cocente solo per ringraziarlo e un sorriso mesto mentre raccontavano agli amici “io sono già stato, ci tenevo troppo”. Inquietudini del cuore diventate condivisioni e allora i perché fioccavano nei momenti e nei luoghi più strani: perché la Chiesa dice questo o fa quest’altro? Tu cosa ne pensi? Perché sei diventata suora? E adesso sei felice? Perché, in fondo, quello che ci rilancia la nuova generazione di giovani è la capacità di compiere scelte che diano davvero gusto alla vita e non siano semplici “parcheggi di vita” nei quali vivacchiare. Non buttano né il passato né la tradizione, anzi, ma chiedono di poter portare anche la loro visione ed i loro modi. Chiedono di essere visti da un mondo adulto che a parole li sostiene, ma nei fatti troppo spesso non si schioda dal “si è sempre fatto così”. I loro occhi, nuovi, mettevano invece in luce gesti di cura e attenzione reciproche, implorando anche un ascolto vero, relazioni autentiche, senza ipocrisie, liturgie più essenziali – come quelle di Tor Vergata – e fatti concreti per costruire una Chiesa nuova, perché il messaggio – Gesù Cristo – funziona, ma i modi ormai non più. “Voglio restare dentro questa Chiesa”, ha raccontato senza difficoltà una dei 350 pellegrini vicentini, “ma le liturgie proposte sono lontane da noi giovani, non ci rappresentano perché vecchie nello stile e nei modi… Eppure sono qua perché voglio provare a restare dentro a questa Chiesa”. E chi ormai trentenne ha scelto ancora una volta di non mancare, l’ha fatto “perché ho bisogno di respirare una Chiesa meno gerarchica e più vicina a noi”. Un altro, alla prima esperienza internazionale, fin dal viaggio di ritorno ha detto che “c’è aria nuova, il cammino [di fede] continua, ma con il Giubileo c’è aria nuova e io voglio esserci”. Loro hanno scelto e vogliono esserci, ma chiedono spazi di confronto, oltre che spazi fisici per esprimersi e tessere la Chiesa di oggi, non quella di domani.

sr Naike Monique Borgo