Maria, madre di un popolo nuovo

03
Mag

Come i Vangeli ci aiutano a comprendere la maternità “discepolare” di Maria

La frase di Gesù sulla croce, rivolta alla madre e al discepolo amato e raccontata in Gv 19,27, è stata normalmente interpretata come l’affidamento a Maria del nuovo popolo di Dio.

Riconoscere Maria come madre a cui rivolgersi, soprattutto nei momenti di prova o sofferenza, fa parte della tradizione e pietà popolare da secoli e ne sono prova le centinaia di ex-voto presenti nelle numerose basiliche a lei dedicate. Per comprendere fino in fondo cosa significa riconoscere Maria come madre, è necessario contemplare in maniera sempre più profonda i momenti fondamentali – raccontati nei Vangeli – in cui traspaiono le caratteristiche sempre nuove e attuali di Maria, da incarnare nella vita di ogni credente.

Fin dall’inizio del Vangelo di Matteo, nella genealogia relativa a Gesù, si nota un primo segno di frattura e cambiamento nella storia del popolo dell’Alleanza: mentre tutte le frasi sono strutturate indicando il nome maschile che genera il figlio, questa successione si interrompe quando si arriva a Maria e Giuseppe. A quel tempo per gli ebrei era il padre a “generare” il figlio trasmettendo tutta la tradizione e la spiritualità dell’antico popolo. Con Maria questo finisce: è da lei che nasce Gesù, mentre Giuseppe non genera ma accoglie Maria, il bambino e il progetto di Dio sul suo essere uomo.

Il di Maria (Lc 1,38) la rende protagonista del compimento del sogno di Dio e nello stesso momento la indica come icona per ogni uomo e donna che accettano di compiere un cammino di fede. Accogliere la promessa di Dio, fidandosi del suo amore e della sua parola, si esprime subito in una relazione di aiuto e condivisione con la cugina Elisabetta, anche lei in attesa di un figlio.

Come era accaduto per altre donne nella storia di Israele, anche Elisabetta e Maria ricolme di Spirito, elevano un cantico di lode a Dio. La forza e la solidarietà, che scaturiscono da quell’incontro, le porta a proclamare la presenza di Dio nella loro storia personale e nella storia del popolo, un Dio che benedice gli umili e abbatte le istituzioni oppressive. Il Dio di Elisabetta e Maria è il Dio che sceglie di essere solidale con chi soffre, con chi appare sconfitto dalla storia o è ai margini; un Dio che guarisce, perdona, libera. Colei che è riconosciuta come madre nella fede fin dalla nascita a Betlemme, negli incontri con Simeone e Anna, durante l’esistenza a Nazaret e nella ricerca di Gesù fanciullo nel tempio, sa ascoltare e custodire nel cuore quello che non comprende e sa accettare e meditare ciò che ancora non è chiaro, fidandosi della promessa del Dio-con-noi di cui il suo corpo è stato arca, per la nuova Alleanza con tutti gli esseri viventi.

Riconoscere Maria come madre è anche comprendere che non è tale solo perché è stata grembo di vita per Gesù, ma perché ne è diventata discepola, riuscendo ad anticipare con piena fiducia l’azione del figlio, indicando a tutti il centro della sequela: “Fate quello che vi dirà” (Gv 2,5). Anche Maria ha dovuto camminare per comprendere qual era il messaggio di Gesù. Ha creduto di doverlo proteggere quando le sue parole ed azioni si discostavano così tanto dalle modalità di vivere la fede dell’antico popolo d’Israele: “Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono là fuori e ti cercano” (Mc 3,32). Ha dovuto imparare dalle parole di Gesù che si è madre, fratello, sorella… solo se si fa la volontà di Dio, solo se si è disposti a diventare quel popolo nuovo che Maria stessa aveva annunciato nel Magnificat.

C’è però un altro aspetto fondamentale che ci interroga nelle parole di Gesù ed è l’affidamento della madre al discepolo amato che da quel momento “la prese con sé” (Gv 19,27).

Prendere con sé Maria, incarnare nel nostro oggi storico il cammino compiuto da Maria per diventare davvero madre, ma soprattutto discepola del Signore.

C’è un requisito irrinunciabile per poter prendere Maria con sé ed è quello di stare sotto la croce” (Gv. 19,25). Maria si è lasciata condurre e preparare da Dio lungo il corso di tutta la sua vita e ora abbraccia l’incomprensibile e, mentre i discepoli fuggono, lei e le altre donne rimangono per affermare la loro fedeltà, segno che non tutti i rapporti sono spezzati, per non interrompere quel legame che, da questo piccolo nucleo di donne, darà vita a un popolo nuovo.

È uno stare che indica consapevolezza, partecipazione attiva e intima senza passività, anzi in un atteggiamento di disponibilità ad accogliere gli eventi. Maria starà con le figlie e con i figli anche nella “stanza al piano superiore”, a Pentecoste, per ricevere lo Spirito come in una nuova annunciazione. Lo Spirito che spalancherà porte e finestre per uscire nel mondo ed essere madre, sorelle, fratelli di ogni essere vivente e ricordare che nel “fate quello che vi dirà” si realizza il compito affidato ai credenti di ogni tempo.

Donatella Mottin

Madonna del Belvedere (part.), Raffaello Sanzio.

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