Domenica del buon pastore

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Mag

Domenica 11 maggio 2025 (Gv 10, 27-30)

In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

Commento

Nei versetti che precedono quelli che la liturgia offre per questa domenica, il vangelo ci presenta Gesù che sta passeggiando nel tempio, e viene interrogato da dei giudei che gli chiedono se sia lui il messia (v. 24). Gesù risponde che ha già detto e dimostrato con le sue opere di esserlo, ma loro non gli vogliono credere perché non fanno parte delle sue “pecore” (vv. 25-26). Gesù usa per sé l’immagine del pastore, facile da comprendere perché appartiene al mondo quotidiano, e perché ha una forte valenza simbolica. Nell’Antico testamento, infatti, il termine pastore designa il re di Israele; si legge in Ez 34,23: “susciterò per loro un pastore che le pascerà, il mio servo Davide. Egli le condurrà al pascolo, sarà il loro pastore”. Gesù, quindi, si sta rivelando come il pastore/re discendente di Davide.

Diversamente dai giudei che non lo riconoscono, le pecore che appartengono a Gesù ascoltano la sua voce, che le chiama per nome e le invita a seguirlo. Egli non agisce come i capi del popolo che manipolano le coscienze e cercano di adescare discepoli, perché per essere leader hanno bisogno di un seguito. Gesù non si impone, ma si propone. È la pecora che nella docilità lo segue. Docilità che non significa ingenuità, ma scelta libera, discernimento. Si crea così una circolarità nel legame tra Gesù e le sue pecore, fondata sulla fiducia e sul reciproco riconoscimento e ascolto.

Gesù annuncia, poi, che a chi lo segue dà la “vita eterna”. Espressione che ricorre molte volte nel vangelo di Giovanni, in circostanze particolari: quando Gesù è innalzato sulla croce, perché tutti quelli che credono in Lui abbiano la vita eterna (3,14-15); nel brano della Samaritana in riferimento all’acqua che zampilla per la vita eterna (4,14); quando afferma che chi ascolta la sua parola e crede a Colui che lo ha mandato, ha la vita eterna (5,24), e infine, in relazione al mangiare il suo corpo e a bere il suo sangue (6,54). Pertanto, il dono della vita eterna è la possibilità di unire la propria vita a quella di Gesù Cristo, mediante il mistero della sua incarnazione, passione, morte e risurrezione. È riconoscere che ogni mio (e nostro) respiro dipende da Dio, e a Lui ritorna. Per sempre. La vita eterna, quindi, è un dono carico di speranza, immerso nella fede, e possibile nell’amore (carità).

Alle pecore che lo riconoscono e lo seguono, Gesù aggiunge una promessa di protezione eterna: “non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano”. Ogni persona che si trova a vivere le avversità della vita afferrata e conquistata da Cristo Gesù (Fil 3,12), non corre il pericolo di perdersi nelle tenebre, perché forte è su di lei la mano del Signore. C’è sullo sfondo un chiaro invito a “rimanere” nell’amore (Gv 15,9) e nella Parola (Gv 8,13): se usciamo da questa relazione, entriamo in dinamiche di egoismo che ci allontanano dalla sequela del Signore.

Rimanere nella mano di Gesù, significa rimanere nella mano di Dio. Una mano che difende e dà sicurezza: “ti ho nascosto sotto l’ombra della mia mano” (Is 51,16); che sa modellare con sapienza e pazienza: “ora, se si guastava il vaso che stava modellando, come capita con la creta in mano al vasaio, egli riprovava di nuovo e ne faceva un altro, come ai suoi occhi pareva giusto” (Ger 18,4); e che dà valore ad ogni creatura: “sulle palme delle mie mani ti ho disegnato” (Is 49,16). Dunque, credere e affidarsi a Gesù significa essere accolte/i da questa mano forte e amorevole, che accompagna i nostri passi terreni su vie di eternità.

 

Per riflettere

Nella Pasqua, il pastore si è fatto agnello per la salvezza di tutte/i, “ma l’Agnello sarà il pastore che li conduce davanti al trono di Dio” [Perroni, Senza indugio, 95]. Riconosco in Gesù il “mio pastore” (Sal 22) che mi tiene tra le sue mani? Pastore che si è fatto Agnello immolato sulla croce per la mia e nostra salvezza? Quale conversione mi chiede questo brano evangelico nell’anno giubilare?

 

  1. Elisa Panato, Il Messaggio del Cuore di Gesù, 5 (2025).
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