Il dono di vita che spalanca gli occhi

05
Ott

I passi e l’esperienza dei discepoli di Emmaus

Nel tempo che stiamo vivendo, dovremmo ritornare più volte al testo di Luca 24,13-53 che racconta l’esperienza verso Emmaus di due discepoli di Gesù. Non solo perché è sempre importante tornare alle origini della nostra fede per comprendere il senso della storia, ma anche perché quel brano presenta tanti aspetti che viviamo anche noi e che possono illuminare le nostre quotidianità.

Due discepoli tornano indietro dopo l’esperienza straordinaria vissuta con Gesù. Uno di loro è chiamato Cleopa, l’altro/a non ha nome. Molti esegeti vedono in loro una coppia, lo zio di Gesù con la moglie Maria, sorella della madre di Gesù, in base al versetto del vangelo di Giovanni “Stavano presso la croce di Gesù sua madre, Maria di Cleopa e Maria di Magdala” (19,25).

Queste due persone hanno tutto ciò che può servire per credere: conoscono le antiche Scritture, hanno vissuto con Gesù, l’hanno visto compiere segni importanti, hanno ascoltato il suo messaggio e udita anche la testimonianza delle donne che erano andate al sepolcro, l’avevano trovato vuoto e avevano avuto una visione di angeli che affermavano che egli era vivo. Eppure, stanno camminando immersi nella tristezza e nello scoraggiamento, stanno tornando indietro alla vita e al mondo come li vedevano prima dell’incontro con Gesù.

Parlano e discutono tra loro, confusi e incapaci di dare un senso a ciò che è accaduto anche se Gesù cammina al loro fianco; uno “straniero” a cui raccontare in una mirabile sintesi l’esperienza terrena di Gesù: “Gesù il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo, come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l’hanno crocifisso. Noi speravamo…”.

Tutte le speranze che avevano riposto in lui, i desideri di una vita diversa, più facile, meno dolorosa di quella in cui erano costretti a vivere sotto la dominazione romana, sono svanite con il fallimento della croce. Lo splendido annuncio delle donne – “È vivo!” – che ricordano quanto Gesù aveva detto a tutti loro rispetto alla sua passione, morte e risurrezione, è considerato un vaneggiamento, qualcosa che non ha valore, parole che non vengono prese in considerazione dai due discepoli di Emmaus, che non credono a esse.

Ora che Gesù cammina con loro non lo riconoscono, perché – ci dice il testo – i loro occhi erano “impediti”. Il loro sguardo è pieno di altre cose: di desideri a cui dover rinunciare, di delusioni che offuscano qualsiasi speranza, di paure… certo anche del dolore per la morte di Gesù, ma sembra un dolore vissuto solo personalmente, che non apre alla possibilità di vedere altro; occhi troppo pieni di morte per vedere la vita. I loro occhi erano “impossessati”, altro significato del termine usato nel brano. Impossessati come erano impossessate le donne, Maria Maddalena per prima, guarite da Gesù e che ora credono che egli sia vivo. Gesù deve dunque guarire anche questi due discepoli.

E per far loro ritrovare uno sguardo di fede, intraprende due strade: la prima è l’ascolto della Parola. Gesù racconta di nuovo, spiegandola, l’esperienza del popolo, da Mosè, dal cammino fatto nell’esodo per ritrovare la libertà dell’alleanza con Dio, a tutti i profeti e al loro annuncio di un Messia che non solo avrebbe stabilito un’alleanza nuova con tutto il creato, ma che sarebbe anche stato per tutte e tutti segno di liberazione. È il cammino che anche i due discepoli hanno fatto con Gesù. Eppure tutto questo ancora non basta; certo, sentono ardere il loro cuore… ma non è sufficiente per modificare davvero la comprensione profonda della loro esperienza. Vogliono che quello “straniero” rimanga con loro per alleviare la sofferenza che provano, perché la sua presenza e le sue parole rendono più sopportabile la mancanza di speranza.

Solo il gesto di Gesù di benedire il pane, di spezzarlo e di offrirlo, cambia davvero quello che i due discepoli stanno vivendo. Gesù benedice, dice bene di tutta la sua vita, anche dello scandalo della croce. Solo allora i loro occhi si spalancano: non vedono nemmeno più Gesù, ma solo l’amore che si è fatto pane e vita per tutte e tutti. È quell’amore ripetuto e rivissuto che dà loro il coraggio di rimettersi in cammino “senza indugio”, per testimoniare che il loro Maestro è vivo.

Donatella Mottin