Migrante e straniera per amore

10
Lug

Sui passi di Rut e Noemi, dentro a una storia della salvezza che è storia dei cammini di tante donne e uomini

Sono tanti i viaggi raccontati nella Bibbia, spostamenti più o meno grandi che sempre implicano cambiamenti che portano con sé gioie e dolori. Si può dire che tutta la storia della salvezza, raccontata nelle Scritture, sia una storia di cammini. Anche i tre anni della vita pubblica di Gesù, narrati nei Vangeli, sono in realtà un ripetersi di spostamenti dell’uomo di Nazareth che, per lo più per strada, incontra persone e storie.

Uno di questi viaggi presenti nella Bibbia è davvero particolare perché unico esempio in tutti i libri che compongono l’Antico e il Nuovo Testamento: è il viaggio di due donne, tanto diverse eppure fortemente unite, che per una è il ritorno a casa, per l’altra – la più giovane – un vero e proprio “esodo” che la porta ad uscire dalla sua terra, ad abbandonare il suo popolo per andare verso una terra e un popolo nuovo, spinta solo dall’amicizia e dall’affetto. È la storia narrata nel libro di Rut: un piccolo libro dell’Antico Testamento, di soli quattro capitoli, con grandi insegnamenti di cui vedremo solo alcuni aspetti presenti nel primo capitolo. Il libro si apre dando una indicazione, seppur vaga, di quando accadono i fatti narrati: “Al tempo dei giudici ci fu nel paese una carestia…” (Rut 1,1). È un’indicazione breve ma importante perché il libro dei Giudici nella Bibbia descrive un tempo difficile, un tempo di grande violenza, dove la speranza sembrava sparita.

Anche le carestie sono nella Bibbia elementi che travalicano le semplici parole o situazioni umane per intrecciarsi con i progetti di Dio. Una carestia condusse Abramo in Egitto e un’altra vi spinse, secoli dopo, i figli di Giacobbe e lì avvenne la riconciliazione con il fratello Giuseppe.

La carestia di cui parla il libro di Rut colpisce la città di Betlemme nome che significa “casa del pane” e che sembra incompatibile con l’idea stessa della carestia. E invece: “… un uomo con la moglie e i suoi due figli emigrò da Betlemme di Giuda dirigendosi verso i campi di Moab”. Anche questa scelta appare incomprensibile: non si sposta verso l’Egitto, meta normale in queste situazioni perché i cicli delle acque del Nilo risultavano spesso più forti delle carestie, ma va nelle terre dei nemici storici di Israele, i Moabiti. Elimelech si stabilisce nei campi di Moab e lì rimane con la moglie Noemi e i due figli. Dopo poco quell’uomo morì e i due figli sposarono due moabite, Orpa e Rut. Questi matrimoni sono contrari alla legge israelitica che li vietava con donne straniere. Rimasero nel paese dieci anni poi morirono anche i due figli lasciando sole le tre donne.

Esse vivono un pesante lutto, ancor più per Noemi, già anziana, che ha perso tutto: un marito, due figli, e nemmeno un nipote, per continuare a sperare nella vita. Eppure Noemi si alzò per lasciare i campi di Moab e far ritorno a Betlemme. Sconfitta dalla vita, non resta però bloccata in ciò che è stato, non si lascia morire insieme ai suoi amati morti, ma si rimette in cammino accompagnata dalle due nuore. Aveva sentito dire che il Signore aveva visitato il suo popolo, dandogli del pane e tanto le basta per riprendere la strada.

Il libro, in pochi versetti, presenta uno spaccato di esistenze drammaticamente vissute nella sofferenza e apparentemente chiuse alla speranza, ma ora le tre donne, vedove e senza figli, possono diventare tentativo di ricostruzione. Di fronte alle difficoltà del viaggio e alla sofferenza di lasciare il suo popolo, Orpa decide molto presto di tornare alla sua terra, accompagnata in questa decisione dalle parole di Noemi che vede per lei un futuro possibile solo riconoscendo il suo desiderio di tornare indietro. A nulla valgono invece le parole di Noemi rivolte a Rut perché anche lei torni alla sua terra e alla sua gente.

Scrive il Talmud:

Dice Noemi: “Noi abbiamo limiti da rispettare i giorni di sabato”.

Rispose Rut: “Dove tu andrai, andrò”.

“I rapporti tra uomini e donne sono sottomessi a restrizioni”.

“Dove tu dormirai, dormirò”.

“Siamo sottomessi a seicentotredici comandamenti”.

“Il tuo popolo sarà il mio popolo”.

“L’idolatria è proibita per noi”.

“Il tuo Dio sarà il mio Dio”.

“Noi abbiamo un tribunale che ci può condannare a morte in quattro modi”.

“Dove tu morrai, morirò anch’io”.

“Questo tribunale può decidere di seppellirci nell’uno o nell’altro cimitero”.

“E là voglio essere sepolta”.

Allora Noemi capì che Rut era ormai decisa. (Talmud n. 47,7)

Il rifiuto di Rut di lasciare Noemi

è definitivo e consapevole, così come la scelta, non per obbligo ma per amore, di diventare migrante e straniera. Senza nulla sapere di Abramo, padre del popolo d’Israele, che abitò la terra che Dio gli aveva promessa, sempre nomade mai da proprietario, anche Rut vivrà da migrante per tutta la vita nella terra di Noemi, quasi a dirci che “la condizione di migrante è la condizione umana, che nessuna terra promessa è per sempre” (L. Bruni).

Donatella Mottin