L’esperienza scolastica durante la pandemia

18
Lug

La testimonianza di un’insegnante orsolina

Abbiamo chiesto a suor Lucia Antonioli, docente di religione cattolica presso un liceo statale di Roma, di raccontarci la sua esperienza.

 

Come ha reagito la scuola sotto i colpi del Covid-19?

La pandemia si è abbattuta sulla scuola con la forza di uno tsunami. Il 5 marzo tutte le scuole del Lazio, di ogni ordine e grado, sono state chiuse e migliaia di alunni si sono trovati a casa. Nel mio liceo questo è avvenuto nel momento in cui si entrava nel pieno del pentamestre e quindi nel più intenso periodo didattico. Le prime settimane abbiamo vissuto sgomenti un profondo disorientamento. Dirigenti scolastici, personale Ata, alunni e famiglie impreparate, si sono trovate come noi, a gestire la grave situazione creatasi con la chiusura della scuola. Poi col passare delle settimane ci siamo organizzati con la didattica a distanza e abbiamo cominciato a vedere una piccola luce nel buio.

 

Parliamo un po’ di questa didattica a distanza, che significa e quali riscontri hai avuto?

La didattica a distanza (DAD) è l’interazione educativa e formativa tra docente e studente, attuata non in presenza ma a distanza, tramite mezzi di comunicazione come: Skype, Zoom, Microsoft Teams, Moddle e altre piattaforme digitali. La didattica a distanza era già conosciuta nell’ordinamento scolastico italiano ma utilizzata raramente. Per me e credo per la maggior parte dei docenti, il passaggio alla DAD non è stato facile né privo di criticità! La prima difficoltà è stata per molti docenti la mancanza di dimestichezza con le piattaforme digitali. Ci siamo trovati a dover imparare velocemente la DAD, che nel frattempo la ministra dell’istruzione Lucia Azzolina aveva reso obbligatoria. Insegnare a distanza ha alcuni vantaggi ma non sostituisce la ricchezza dello stare in classe, in un ambiente sociale fatto di molte presenze diversificate, quali compagni, docenti, personale Ata, dirigente, con i quali l’alunno impara a interagire rispettando la diversità dei ruoli. Diciamo che nella DAD si sente la mancanza di questo variegato universo scolastico.

 

Si dice che la DAD abbia contribuito, tra le altre cose, a fare alunni di serie A e alunni di serie B, condividi?

Sicuramente la didattica a distanza richiede strumenti digitali a disposizione di alunni e famiglie. A scuola questi strumenti sono, normalmente, a disposizione di tutti. In famiglia il discorso potrebbe essere diverso, non tutti possono avere un proprio computer. Molti miei alunni devono fare i conti con le esigenze di fratelli e sorelle, di genitori impegnati nello smart working e non possono permettersi l’acquisto di altri computer. Inoltre non tutti godono di buone connessioni. Molti studenti delle periferie romane denunciano difficoltà in questo senso. Il mio liceo ha messo a disposizione, in comodato d’uso, previa richiesta della famiglia, più di settanta personal computer. Tutto questo ha fatto parlare di disparità, di disuguaglianza e, secondo qualcuno, del venir meno dello stesso diritto all’istruzione. Una DAD che sia accessibile a tutti richiede un radicale ripensamento da parte dello Stato e di tutte le parti direttamente coinvolte.

 

Si parla di un ritorno nelle aule scolastiche a settembre, che ne pensi?

Penso che sarà un altro momento critico. La scuola è, per eccellenza, un luogo aggregativo e i distanziamenti preventivi sono veramente complicati da attuare nella scuola. Penso al mio liceo, sorto all’inizio del ‘900 con aule piccole, corridoi altissimi ma lunghi e stretti, per non parlare dei bagni e degli spogliatoi. Penso all’ancora più difficile attuazione delle misure preventive nelle scuole dell’infanzia e nella primaria dove è quasi impossibile pensare di tenere i piccoli distanti un metro gli uni gli altri, per un’intera mattinata. Ogni spazio scolastico è uno spazio sociale, di incontro, di gioco e di apprendimento condiviso. Credo che servano pensieri e progetti strutturali e didattici geniali, nuovi, creativi! Credo che servano soldi, risorse economiche facilmente accessibili. Ci vuole trasparenza, è vero, ma anche agilità di procedura.

 

In conclusione che cosa auguri alla scuola in tempo di Coronavirus?

La scuola è il luogo dove le nuove generazioni vi trascorrono le stagioni primaverili, quelle che decideranno dei frutti di domani. Mi auguro che da questo difficile momento la scuola sappia ritrovare quello spirito educativo e formativo insito nel suo fine, per poter generare uomini e donne capaci di rispettare l’altro, di gestire il bene comune facendosi carico dei più piccoli e deboli, insomma sappia generare ancora costruttori di pace, nella giustizia, nella salvaguardia della libertà e della democrazia, beni supremi del nostro paese e di ogni nazione.

sr. Lucia Antonioli

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